giovedì 22 ottobre 2015

#sulcomodino di Francesca Marzia Esposito

Buon pomeriggio!
Come vi avevo preannunciato nei giorni scorsi, Citofonare Francesca inaugura oggi la nuova rubrica #sulcomodino.
Di cosa si tratta?
Ho infilato in un'enorme boule tutte le millemila persone che mi piacciono e che considero degli ottimi consiglieri in materia di carta stampata; quando passero lì davanti e vedrò quell'enorme agglomerato di vetro pieno di bigliettini, mi avvicinerò con fare molto sornione, ne pescherò uno, e vi inviterò a dirmi quale libro state tenendo sul comodino. Non dev'essere il libro della vostra vita, dev'essere semplicemente il libro che è riuscito a lasciarvi qualcosa in questo ultimo periodo. Il libro che consigliereste al vostro più caro amico, quello che vi ha accompagnato nelle notti insonni e che non si voleva scollare dalle mani.
Rimanete dunque all'erta, potrei venir a spiare il vostro comodino. Sempre in punta di piedi e con grazia, si capisce.
La prima protagonista di questa rubrica, scelta fortemente da me come ambasciatrice, è Francesca Marzia Esposito

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(sì, è bellissima, e questo foto le rende tantissimo onore..se cliccate su "source" troverete ovviamente la fonte ed un racconto di Francesca).

Perché ho voluto proprio lei come apripista?
Io e Francesca ci conosciamo solo virtualmente, tramite FB, ma io mi sono subito innamorata della sua persona, delle cose che scrive, e di come le scrive. Mi piace il suo modo di calarsi nel quotidiano, di essere diretta, a volte spiccia, di aver sempre tante cose da dire e di dirle in maniera così chiara e diretta. I suoi occhi ed il suo volto sono una calamita. Mi piace immaginarla mentre insegna danza in un nebbioso pomeriggio milanese, mentre si muove fra i libri usati del Libraccio, mentre scrive il suo prossimo romanzo.
Francesca è una scrittrice e La forma minima della felicità è il suo ultimo libro.

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Vi lascio qui la trama, presa dal sito ufficiale Baldini & Castoldi:


Luce vive barricata in casa, vegeta sul divano, mastica fette biscottate davanti a Canale 32, il canale monotematico di televendite perenni di anelli e bracciali. Ha perso il lavoro e l’appartamento 51, l’unica sua entrata finanziaria, è sfitto da un po’. In casa tutto è a terra, le mensole, i libri, i cassetti, e i giorni e le notti si susseguono senza tempo.
Un giorno irrompe nella sua vita Bambina, Viola, cinque anni, figlia di Yuri, suo fratello, che non vedeva da un Natale passato, anni fa. Bambina è muta, ha deciso di non parlare più. «Pensavo mi avrebbe seguita, con i cani succede così, invece era lì, di sale». Bambina, non parla, ma telefonerà a canale 32. Non parla, ma scriverà numeri su post-it fluorescenti. Non parla, ma appiccicherà quadrati colorati sulla porta di Luce e poi giù per le scale e sotto il portico. Bambina creerà tappe di foglietti di carta che Luce, alla fine, seguirà uno dopo l’altro uscendo finalmente per strada. Bambina sarà il tramite, il punto di contatto tra le persone importanti del passato di Luce e quelle che le si avvicineranno in futuro, come Morgan, il ragazzo che risponde a canale 32. Luce inizierà a lavorare in una libreria e per andarci dovrà prendere la metro, un tram, fare circa settanta passi, e attraversare l’incrocio. È una storia sulla solitudine e sul tempo, che ti attraversa lo stesso, anche se tu rimani immobile, fino a che non arriva nella tua vita una bambina.


Francesca ha ricevuto recensioni positive da blogger, consulenti editoriali, testate nazionali. Se digitate il suo nome nell'infinito mare internettiano troverete solo giudizi unanimi e carichi di entusiasmo e bellezza. Non ci potrò aggiungere la mia, visto che non l'ho ancora letto, ma sarà sicuramente fra gli acquisiti natalizi.

Un sabato pomeriggio ho chiesto a Francesca: "Visto che mi piaci assai e ho ormai terminato una penna ad annotare tutto quello che leggi, perché non mi consiglieresti cosa tenere sul comodino?"
Ne è nato questo:

"La campana di vetro” di Sylvia Plath, perché ha un centro oppressivo che si sposta e incrina il rito di integrazione sociale, l’ordinata sequenza dell’esistenza. Un nucleo silente sotterraneo incombe, fa torsione, avanza impercettibilmente, capillarmente e lentamente inizia a demolire la bella vincente americana Esther Greenwood. Un giro di vite più stretto e tutto diventa malsano, stagnante. C’è uno sprofondare nella pozza marcescente di alienazione e paralisi, la storia si inabissa verso uno scolo primordiale, come quel buco a terra al centro della stanza in cui viene rinchiusa lei, molteplici sono i tentativi di trovare un modo per farla finita, ma la metodica si inceppa, il corpo rema contro, reagisce per emergere come un turacciolo dall’acqua, costringe a sopravvivere. L’individuo tramutato in cosa, oggetto, meccanismo che insuffla aria. Se fosse un grafico, sarebbe una scala scesa gradino dopo gradino e poi uno scivolo a perdifiato su un precipizio. 



“Sono pesi queste mie poesie”, di Nika Turbina
 “Tutto quello che dovevo, l’ho detto da bambina. Non c’era bisogno che divenissi donna.” La fascinazione per le sue poesie, per il suo personaggio, inizia qui, da questa frase. I primi componimenti risalgono all’età di quattro anni, li dettava alla mamma, di notte, quando l’asma di cui soffriva la costringeva a svegliarsi. A sette anni i suoi versi compaiono su un quotidiano nazionale, nel giro di un anno pubblica la sua prima raccolta “Quaderno di appunti”. La sua storia sarà compiuta a soli ventisette anni.

C’è una coscienza del dolore, come fosse già fuori, oltre la soglia, e guardasse crescere e diventare lo scarto tra sé e gli altri, tra sé presente e sé futura, la prefigurazione lucida del suo destino, un’anticipazione di quello che sarà, una testimonianza a se stessa, un vivere la crisi dell’essere precipitata in una crisi del verso, un gioco serio fatto di parole, che sposta, slaccia e trascina con sé.


Penso non ci sia molto altro da aggiungere, se non di lasciarvi invadere dalle parole di Francesca, seguire i suoi consigli, leggerla nella sua complessità e frammentarietà. Cercatela su FB, seguitela, comprate il suo libro, perdetevi nei suoi occhi profondi e ricchi di immagini.

Vi è piaciuta la prima puntata di #sulcomodino? Ne arriveranno presto delle altre, voi seguitemi, e non siate mai paghi di leggere e conoscere. Abbuffatevi.

Un ringraziamento particolare ed un abbraccio che travalica il Cloud a Francesca. Grazie

F.

venerdì 16 ottobre 2015

Bella Addormentata





Ieri sera ho visto finalmente per intero Bella Addormentata di Marco Bellocchio.
Ho questo maledetto vizio di guardare spesso i film a spezzoni. Non mi ci dovrei nemmeno mettere, lo so, che un film si guarda sempre per intero; ma il poco tempo e la voglia di guardare qualcosa di bello fanno a pugni fra loro, ed il risultato è una gioia lasciata a metà.
Ogni tanto, quindi, mi impongo di recuperare tutti quei film che latitano da troppo tempo nel disco fisso con la dicitura visione parziale.
Ieri sera è toccato a Bellocchio.
Bella Addormentata si svolge nei giorni del caso Englaro, inizi di Febbraio 2009.
Come è noto a tutti, in quei giorni, il padre di Eluana fece trasportare la figlia in un ospedale di Udine, per procedere alla morte assistita, dopo 17 anni di coma ed alimentazione artificiale.
Non è pero la vicenda in questione il nucleo principale del film, ma le storie dei personaggi che ci gravitano attorno. Un senatore del Popolo della Libertà, Beffardi, che sta maturando la scelta di votare contro la legge che l'allora Governo stava cercando di portare in aula. Legge che avrebbe bloccato la scelta del padre di Luana. Sua figlia, Maria, decisa invece a raggiungere l'ospedale di Udine per protestare contro l'interruzione del trattamento. Roberto ed il fratello, diversamente schierati e dal lato opposto della strada. Il Dottor Pallido che vuole salvare una tossicomane aspirante suicida, Rossa. Una madre, la Divina Madre, completamente assorbita dal coma della figlia, indifferente ad ogni tipo di affetto ed incapace di donare la minima attenzione.
Le vite di queste persone scorrono in questi cinque/sei giorni generando innamoramenti, confessioni, dolore, consapevolezza di sé.
Bellocchio mantiene un distacco informato dal caso Englaro, Trovano spazio entrambe le posizioni senza entrare nel dettaglio, senza porre la vera questione morale. Allo spettatore non viene chiesto un giudizio sulla morte assistita, vengono solo mostrate le sensibilità di ogni personaggio.
Bella Addormentata ti porta a riflettere sulle priorità della vita, sul come reagiresti in determinate situazioni, fino a dove si può spingere il coraggio o la viltà.
Degne di note sono le interpretazioni di Alba Rohrwacher, nel ruolo di Maria, e di Michele Riondino, Roberto. I ragazzi si incontreranno e si frequenteranno per due giorni in maniera intensa, credendo in un amore improvviso e prematuro, che la vita non perdonerà.
Ho apprezzato molto anche Maya Sansa, in Rossa, la ragazza borderline, che si sente già morta, sconfitta, totalmente in balia del metadone e costretta ad elemosinare il minimo sostentamento.
Servillo è il senatore Beffardi. Per quanto io ami quest'attore, nel film non brilla in maniera particolare. Il ruolo gli calza a pennello, ma non emerge, non è il solito Servillo.
Le scene non hanno una bellezza, una ricercatezza particolare. Solo una mi ha colpito : la sauna dei senatori mentre si sta procedendo al dibattito in aula. Uomini in età avanzata, seminuda, immersi nel vapore acqueo, con un politico psichiatra a sentenziare sul bene e sul male.
In sintesi Bella Addormentata è un film che non ti sconvolge dentro, è un lampo di luce che ti può far riflettere per mezz'ora, ma non oltre.
Forse Bellocchio cercava proprio questo: una sottile riflessione che unisce varie vite, ma provoca solo scosse facilmente assestabili.
Usando le famose stelline Anobiane: 3 stelle e mezza su 5.
Voi lo avete visto? Fatemi sapere cosa ne pensate..

P.S.: il concorso per Pagnottina continua. Vi lascio i nomi qui sotto:
  • Scooby Doo
  • Fafner
  • Ben Hur
  • El Giaco
A presto.
F.

giovedì 15 ottobre 2015

Goffredo Parise - I Sillabari


Oggi vi voglio parlare di questo libro : Sillabari di Goffredo Parise.
Per iniziare voglio partire dall' "avvertenza" che l'autore decide di scrivere ad introduzione della sua opera: "Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che una volta scomparso l'autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l'amore. 


Ecco. Scrivere ancora delle parole dopo aver letto questo, è un azzardo. Sillabari, come scrive l'autore, sono delle poesie in prosa. Io le chiamerei anche poesie in divenire. Pochi autori come Parise riescono a lasciarmi quel senso di incompiuto. Non considerate il termine in accezione negativa, ma bensì come un qualcosa che aneli ad altro. Alla fine di ogni racconto vorresti saperne di più, capire cosa ha fatto l'uomo dopo aver guardato il mare, o la donna dopo essersi alzata dal tavolino. Sono poesie in divenire perché lasciano a te il compito di dare una vita a questi personaggi, di collocarli nel tempo, in una città o di farli rimanere statici in una campagna umida, o su un terrazzo che guarda il mare.

Io ho conosciuto Parise con Il prete bello, attraverso il Gruppo di Lettura. Sì,avrei dovuto conoscere la sua opera già da parecchi anni considerando la territorialità, ma come spesso accade, le cose più vicine a noi vengono relegate in secondo piano, per lasciar spazio all'esotismo. Del Preto Bello mi aveva colpito l'accurata descrizione del bigottismo di campagna, di come era perfettamente incarnato dai vari personaggi che gravitano attorno a questo prete tanto affascinante quanto furbo. Le descrizioni dei volti, dei luoghi, di ogni ruga evidente sono fondamentali all'interno dell'opera dell'autore. Parise riesce ad incasellare sostantivi ed aggettivi in maniera ritmica, donando all'insieme quella  musicalità che sfocia nella rappresentazione di un volto, di una capanna in un bosco, di una casa povera ed umile. 
Ogni singolo racconto rappresenta perfettamente una cellula autonoma, dotata di vita propria ed in grado di generare a sua volta un romanzo.
Mi hanno colpito in particolare alcuni "sentimenti umani" fra i quali Anima dove viene raccontata la vita di un cane randagio, attraverso i suoi occhi e la sua sensibilità; Bambino, la storia di un' amicizia fatta di piccole cose, fra un uomo anziano ed il figlio illegittimo di una contadina; Estate, una travolgente storia d'amore fra due persone così diverse, eppure così assetate l'una dell'altro; Grazia, l'incontro fra due sconosciuti e come si possa piangere più facilmente di fronte chi non sa nulla di te; Ingenuità, dove questa caratteristica viene scambiata per mitezza o abitudine.
Ce ne sarebbero molti altri, ma il mio compito non è quello di stilare un elenco che potrebbe solo annoiarvi, ma di suscitare in voi anche un solo piccolo moto di curiosità.
Entro fine anno mi piacerebbe leggere L'odore del sangue e scoprire anche il lato giornalistico di Parise. Chi avesse letto qualcosa dei suoi reportages mi lasci un post-it :). 

Vi lascio con due piccole curiosità:

http://www.goffredoparise.it/index.php è il sito ufficiale dello scrittore, dove potrete trovare la sua biografia, le opere e la prima ed unica "casa" che Parise sentì come propria. Ci sono anche gli orari di visita e le aperture straordinarie curate da un'associazione. 

(Vi devo fare una piccola premessa: io sono una patita di illustrazioni e copertine e spesso mi ostino a  volere un'edizione particolare per questa mia fissazione. Trovo che la copertina sia parte integrante del libro, ne deve descrivere l'anima, il suo contenuto. Per questo mi incuriosisco agli artisti che hanno illustrato le parole che ho appena letto)

http://www.josephcornellbox.com/ Joseph Cornell è l'artista statunitense che Adelphi ha scelto per questa edizione dei Sillabari. In copertina vediamo una delle sue "Box", scatole. La maggior produzione di Cornell è composta da queste scatole, al cui interno l'artista convogliava gli oggetti più disparati che negli anni aveva collezionato. Spesso erano completamente slegati fra loro, ma Cornell lasciava a loro la capacità di unirsi e trovare un denominatore comune. Il sito è un po' avaro in termini di immagini, ma se cercate in Internet troverete parecchia documentazione. La Box in copertina è conservata al Guggenheim di Venezia.

Con questo ho terminato. Credevo di non riuscire a scrivere molto, invece come al solito aggiungo mille dettagli. L'interdisciplinarietà è sempre stata il mio forte.
Ultimissima cosa e poi vi lascerò alle vostre profumate docce. Mi era balenata per la testa questa stramba idea: vi piacerebbe che accompagnassi le recensioni con dei brevi video dove leggo le parti dei libri che mi hanno più colpito? In questo modo chi non volesse leggere i miei papiri, potrebbe farsi un'idea del contenuto del libro. Ditemi cosa ne pensate, in modo che io riesco ad organizzare per il prossimo appuntamento.

P.S. : Il concorso "Dona un nome a pagnottina" è ancora aperto. Per il momento gareggiano Scooby Doo e Fafner. Attendo altre candidature.

Un abbraccio
F. 

mercoledì 14 ottobre 2015

Io e pagnottina siamo pronte!

Sarete mai stanchi di leggere che ritorno, me ne vado, guardo dallo spioncino, ritorno di nuovo, me ne vado per altri due mesi? Spesso io mi stanco di me stessa, figuriamoci gli altri.
Questa volta vi giuro è l'ultima, l'ultima volta, che prometto di ricominciare a scrivere, e non mantengo il mio impegno. Mi fulminasse Giove all'istante! 
Ho preso questa decisione già da un paio di giorni, ma si è rinsaldata nel mio cervello e nel mio cuore oggi, nel primissimo pomeriggio.
Ero in auto ed ho sentito alla radio una pubblicità di non so quale casa automobilistica.
L'oggetto sponsorizzato era una jeep, macchina nota per intraprendere lunghi viaggi, anche un po' turbolenti.
Lo slogan finale ripeteva più o meno questo concetto (anche se non ricordo le esatte parole) : il tuo viaggio comincia adesso, non preoccuparti di come lo percorrerai. Chiediti se una volta terminato gli altri lo vorranno conoscere.
Francesca fulminata sulla via di Damasco! Sì, io sinceramente vorrei che gli altri alla fine di tutto, volessero conoscermi e conoscere quello che ho fatto. Ho questa aspirazione, che per molti potrà sembrare pregna di egocentrismo, ma che per me è valida per ogni essere umano su questa terra.
Ce lo ripetono di continuo che siamo di passaggio, ed anche se io credessi alla reincarnazione, se mi ritrovassi nel corpo di una lucertola, di una piovra, di un oca dalle zampe palmate..come potrei continuare a scrivere?! Per cui mi sono detta che sì, era assolutamente necessario e dovuto all'uomo dalla voce calda della radio, che io ricominciassi questo viaggio.
Un viaggio che sarà costante e che costruirò sbirciando cartine e segnali stradali.
Spero di accogliere più persone possibili nel mio pulmino Volkswagen (perché è sempre stato il mio sogno), e non temete, sarebbe di sicuro vecchio di oltre quarant'anni ed immune da ogni truffa tedesca.
Ho deciso di seguire uno schema più o meno preciso per la pubblicazione dei post. Dovrei collegare ogni giorno ad un articolo preciso, ma questo va oltre ogni mio sforzo umanamente accettabile. Se io leggo due libri che mi hanno svoltato la giornata uggiosa e voglio parlarvene un giorno sì e l'altro pure?..non voglio autoimpormi schemi mentali che mi chiudano in una gabbia di doveri telematici.
Ben venga invece la scelta degli argomenti con cui vi tedierò. Stranamente vi parlerò di libri, sorpresi vero? Non ci saranno solo le mie recensioni, i miei consigli; chiederò anche a voi, amici vicini e lontani ed ovviamente assuefatti alla parola, i vostri libri preferiti, quelli che portereste con voi ovunque, come vostra panacea.
Ci saranno poi i luoghi dove incontrate le pagine scritte, ovvero le librerie, le biblioteche, i circoli, tutto quello che gravita ed aiuta il mondo della lettura. Ve li farò conoscere, costruiremo insieme una piantina dell'Italia affamata di libri, per un ipotetico e stravagante tour (con pulmino annesso).
Non mi lascerò scappare film, mostre, teatro. Il mio motto per questo nuovo anno sarà "Trova il tempo e lo spazio per le cose belle". Sarà almeno una scusante per smaltire tutti i film che sono in lista d'attesa. Qualche scorcio d'attualità sarà possibile, quando una particolare notizia mi entrerà dentro, in fondo a sinistra di quel muscolo chiamato cuore.
Qua e là, come piccoli prataioli di stagione, potranno apparire i miei brevi racconti.
Credo di avervi delineato le tappe principali del viaggio. Il pulmino è già parcheggiato sotto casa, ovviamente ho fatto installare un citofono, altrimenti come fareste a suonare ed io a capire che siete proprio voi?
Mi resta solo un ultimo cruccio. Io a 'sto pulmino ci voglio dare un nome. Mi aiutate? 
Qui sotto lo vedete in tutta la sua beltà.

 

http://blog.kijiji.it/category/auto-e-pop-culture/page/3/ Se cliccate qui dentro (vi ricordo che quando inserite una foto, la fonte originale è un segno di rispetto per gli altri ed anche per voi), troverete una lista di auto che hanno fatto la storia della pop culture, dalle macchine di James Bond alla prossima festeggiata DeLorean, fino alla nostra pagnottina arancione. 
Aspetto i vostri suggerimenti!!

F.